La prima epistola di Paolo ai Corinzi. Corinto era una delle città più malvagie dei tempi antichi e la giovane chiesa...
La Bibbia: gli Atti degli Apostoli
Gli Atti degli Apostoli: i primi cristiani
Nel libro degli Atti degli Apostoli, la Bibbia racconta la storia della nascita del Cristianesimo, gli sforzi di proselitismo (evangelizzazione) da parte dei primi cristiani e, infine, alcuni dettagli sulla fondazione delle prime comunità, che saranno ben presto chiamate “chiese”.
Il libro degli Atti degli Apostoli è importante per capire le dinamiche di diffusione del messaggio di Gesù, gli ostacoli che esso incontra e, soprattutto, il consenso ottenuto presso molte popolazioni.
Vi si può anche ravvisare una vera e propria strategia, da parte degli apostoli, per promuovere le nuove, rivoluzionarie idee.
Questo libro è, in un certo senso, il secondo volume dell’opera dell’evangelista Luca.
Come il Vangelo che porta il suo nome, anche il libro degli Atti è dedicato dal suo autore a “Teofilo”.
È facile riscontrare che i due libri sono opera dello stesso autore, poiché riportano lo stesso tipo di informazioni storiche, lo stesso schema e lo stesso vocabolario.
Quella di Luca è al contempo un’opera storica, “giornalistica” e teologica.
L’evangelista raccoglie documenti, testimonianze e confidenze e collabora manifestamente con l’apostolo Paolo, poiché sembra averlo accompagnato in alcuni viaggi per missione (i racconti di tali viaggi sono scritti in prima persona plurale: dunque è chiaro che il loro autore vi ha preso parte).
Luca evidenzia alcune figure importanti per lo sviluppo e la diffusione del Vangelo: Pietro, Stefano, Filippo, Cornelio, Barnaba e Paolo, ma i personaggi principali del libro sono Pietro e Paolo.
Nel suo Vangelo, Luca aveva presentato il ministero di Gesù come un unico percorso da Betlemme a Gerusalemme, una strada in salita, di cui le colline della città di Davide sono un’immagine più che implicita.
Il libro degli Atti fa “esplodere” il gruppo dei discepoli che si sparpagliano in tutto il mondo.
L’immagine di quest’altro cammino si riflette in un altro percorso: quello da Gerusalemme a Roma.
Gli esordi del Cristianesimo sono più o meno difficili ed è tramite ciascuno dei personaggi principali di questo libro che passiamo da una situazione all’altra, da una tappa a quella successiva.
Quest’opera riporta molti discorsi (24) accompagnandoli con spiegazioni e con l’analisi teologica degli avvenimenti.
I grandi avvenimenti descritti nel libro degli Atti sono:
- Il grande mandato: Gesù comanda ai discepoli di andare in tutto il mondo.
- L’ascensione di Gesù.
- Il dono dello Spirito Santo (Pentecoste).
- L’arresto e la liberazione di Pietro e di Giovanni.
- Le prime organizzazioni e la ripartizione dei ruoli: gli evangelisti e i diaconi.
- Il primo martire: Stefano.
- La conversione dell’eunuco etiope.
- I pericoli: Saulo di Tarso perseguita i cristiani.
- La conversione di Cornelio.
- La conversione di Saulo, che diverrà l’apostolo Paolo.
- Il primo concilio (assemblea dei capi delle varie chiese), a Gerusalemme.
- I tre viaggi missionari di Paolo.
- L’arresto di Paolo e la sua incarcerazione a Roma.
Luca, medico nonché uomo assai colto, è di origine greca e quasi certamente proviene da Antiochia (infatti presta un’attenzione tutta particolare alla Chiesa di questa città), dove ha notato un particolare interessante: “Ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (Atti 11:26).
Il libro degli Atti si apre con una specie di nuova fase, durante la quale Gesù, risorto, trascorre quaranta giorni con i suoi discepoli: il tempo necessario per l’ultima iniziazione, quella definitiva, in vista della nuova missione che li attende.
Quaranta giorni: non possiamo non pensare ai primi quaranta giorni della vita pubblica di Gesù.
Subito dopo il battesimo, infatti, fu trascinato nel deserto dove, dopo quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Tornano alla memoria anche i quaranta anni di permanenza nel deserto di Mosè e degli Israeliti, prima di entrare nella terra promessa.
Gesù, in questi quaranta giorni, passa il testimone ai discepoli, e la Chiesa diviene la continuazione del tempo evangelico.
Se i discepoli attendono i tempi futuri per vedere compiersi le loro speranze, Gesù rifiuta tale atteggiamento e li esorta ad avere fiducia in Dio.
Poi Gesù scompare definitivamente, e la comunità dei credenti, rappresentata dalla Chiesa, vive i tempi della sua assenza “visiva”, che durerà fino al suo ritorno.
L’ascensione di Gesù è densa di richiami all’Antico Testamento.
I discepoli guardano al cielo come fece Eliseo vedendo scomparire il profeta Elia nel turbine (2 Re 2:11); la nube che avvolge Gesù ricorda gli episodi della Bibbia in cui Dio che si avvicina al suo popolo pur rimanendo nascosto (la nube che guidava gli Israeliti nel deserto; la nube della presenza e della gloria di Dio che riempì il Tempio nel giorno della dedicazione...).
Nell’istante in cui Gesù ascende al cielo, due uomini in candide vesti (come quelli che, secondo il racconto dell’evangelista Luca, le donne videro davanti al sepolcro di Gesù) si avvicinano e pongono ai testimoni una domanda simile a quella posta alle donne davanti al sepolcro vuoto.
Se allora la domanda era stata: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”, adesso è: “Perché state a guardare il cielo?”. In effetti, lo spettacolo continua e per gli apostoli è il momento di agire.
Ecco dunque gli Atti degli Apostoli!
La Pentecoste
Nell’Antico Testamento, alla festa di Pasqua segue, dopo cinquanta giorni (l’equivalente di sette settimane), la festa del Raccolto o festa delle Settimane (Shavuot).
È durante questa festa, con cui si commemora il dono dei dieci comandamenti sul monte Sinai, che i discepoli ricevono il dono dello Spirito Santo.
Gesù aveva annunciato che dopo la sua morte avrebbe inviato ai discepoli un dono speciale: la presenza, la consolazione e la potenza dello Spirito Santo.
Mentre i discepoli e molte altre persone si trovano riuniti in un luogo tranquillo, lo Spirito Santo li sorprende e li sconvolge.
La Bibbia afferma:
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.
Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
(Atti 2:1-4)
Questo evento suscita un tale putiferio a Gerusalemme che la folla accorre in massa.
Ora, in città c’è molto fermento perché gli Ebrei della diaspora sono radunati per la festa; e in quest’occasione Pietro tiene il suo primo grande discorso.
Inoltre, lo Spirito Santo permette ai discepoli di parlare in lingue diverse, che non conoscevano fino a un attimo prima, e il messaggio non incontra nessun problema di comunicazione.
Gli ascoltatori lo intendono, lo capiscono e lo accolgono.
Per molti commentatori questo fenomeno è opposto a quello occorso durante la costruzione della torre di Babele, quando il linguaggio degli uomini si era confuso, interrompendo la comunicazione e la comunione.
Nel suo messaggio di Pentecoste, Pietro spiega che il Messia annunciato dai profeti è venuto, si chiamava Gesù e il popolo l’ha crocifisso!
La folla reagisce con il senso di colpa e il desiderio di rimediare e la domanda sorge spontanea: “E adesso che cosa possiamo fare?”.
Pietro replica con un appello al ravvedimento e alla conversione.
Nei suoi scritti, Luca sottolinea diversi concetti:
- conversione (14 accenni alla conversione, di cui ben 11 soltanto nel libro degli Atti);
- perdono (18 ricorrenze, di cui 12 nel suo Vangelo e 6 nel libro degli Atti);
- (com)unione dei credenti (in 10 occasioni usa l’espressione “un cuor solo e un’anima sola”).
Quando Pietro annuncia la necessità di convertirsi a Gesù e di battezzarsi nel suo nome, tremila persone, secondo Luca, compiono il grande passo.
Pietro conclude così il suo messaggio:
“Per voi infatti è la promessa [di salvezza] e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro” (2:39).
Una sanzione divina
I primi commenti di Luca a proposito della comunità cristiana nascente sono molto positivi.
Ben presto, però, si presentano i primi problemi, specialmente di tipo organizzativo e strutturale.
Promuovendo la comunione fraterna, i primi cristiani scoprono che il messaggio di Gesù non è spirituale ma propone anche il modello di una nuova società.
Luca pone l’accento sul pensiero di Gesù riguardo al denaro, al pericolo delle ricchezze, alla comunione dei beni e alle offerte ai poveri.
Il Vangelo parla chiaro: la comunione fraterna non è solamente condivisione spirituale, ma si inserisce in una dimensione materiale e, dunque, anche economica.
Lo Spirito del Dio della Bibbia libera l’uomo dall’istinto di possesso.
La condivisione non è necessariamente una ricerca di parità di trattamento, e Gesù fa capire che tutti dovrebbero ricevere secondo necessità, non secondo i capricci del momento.
Per vivere intensamente questo tipo di comunione e mettere in pratica l’amore per il prossimo, i primi cristiani mettono tutti i loro beni in comune e incaricano gli apostoli della ridistribuzione.
Sarà questa nuova pratica a dare adito al primo serio problema nella Chiesa in via di formazione.
Dopo aver indicato un esempio positivo di generosità da parte di un certo Giuseppe-Bàrnaba, il libro degli Atti addita l’esempio negativo di una coppia che, dopo aver venduto un campo per consegnare il ricavato all’apostolo Pietro, ne trattiene di nascosto una parte per sé.
Ma Pietro, “illuminato dallo Spirito Santo”, non è uno sprovveduto e Anania e Saffira, la coppia di sposi in questione che persiste nella menzogna, sono colpiti da Dio e muoiono all’istante.
Questo castigo divino impressiona i testimoni: la punizione è stata esemplare.
Miracoli
La popolarità dei discepoli comincia a disturbare le autorità religiose, che, dopo essersi liberate di Gesù, si ritrovano con gli stessi problemi.
Pietro e Giovanni vengono arrestati e i capi religiosi intimano loro di non fare propaganda al messaggio di Gesù. Pietro, però, si difende:
“Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi”.
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini.
Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce.
Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati.
E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono”.
All’udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte.
Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo.
Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: “Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini.
Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini.
Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla.
Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero.
Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare.
Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli.
Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!”.
Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù.
Quindi li rimisero in libertà.
Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
E ogni giorno, nel Tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.
(Atti 5:29-42)
Guarire, salvare, impressionare
La comunità cristiana, che si sta allargando, ha il privilegio di udire la predicazione dei testimoni diretti della vita e dell’opera di Gesù.
Come ai tempi di Cristo, i loro discorsi sono accompagnati da “segni e prodigi” (cioè miracoli).
Si tratta, principalmente, di miracoli di guarigione ma anche di risurrezione!
Nel libro degli Atti se ne riportano due: uno per opera di Pietro e l’altra di Paolo.
È evidente che questi segni e prodigi non possono non impressionare e stupire i primi uditori del Vangelo.
Nel lessico di Luca i verbi tradotti con “guarire” e “salvare” sono gli stessi.
Si tratta dunque di espressioni ricche di significato che ci fanno comprendere che la guarigione operata da Gesù non tocca solamente il piano psico-fisico ma anche, e soprattutto, quello spirituale.
Sulla via di Damasco
Saulo, Ebreo pio ed erudito, non sopporta le devianze dell’ebraismo e tanto meno la “setta di Gesù”.
Era presente alla lapidazione (forma di pena capitale che consisteva nel colpire il condannato a sassate fino a ucciderlo) di Stefano, primo martire cristiano, e ne aveva perfino approvato la barbara esecuzione, cui avevano preso parte altri fanatici come lui.
Poiché l’evangelizzazione dei primi cristiani non si arresta, Paolo decide di distruggere questa nuova setta e chiede al sommo sacerdote, custode dell’ortodossia, l’autorizzazione per recarsi a Damasco e far imprigionare i nuovi convertiti; infatti, alcuni cristiani, fuggiti da Gerusalemme a causa delle persecuzioni già in atto e rifugiatisi in Siria, hanno fatto proseliti in Damasco.
L’accanimento di Saulo è tale da fargli auspicare la morte degli “infedeli”.
L’ironia della storia – e il senso dell’umorismo di Luca, che riporta i fatti – ci mostra Saulo che, alla fine di questo racconto, si trova in pericolo di morte a causa di alcuni zelanti Ebrei di Damasco!
La missione di Saulo, che si sta avvicinando alla città con i suoi uomini, viene arrestata in modo brusco e straordinario: Gesù stesso gli appare in visione come una luce abbagliante che soltanto lui è in grado di vedere.
I suoi uomini non vedono altro che Saulo cadere da cavallo e parlare da solo...
Saulo sente soltanto una voce e vuole sapere chi gli parla.
La risposta giunge come un fulmine a ciel sereno: “Io sono Gesù, che tu perséguiti!”.
Tale rivelazione sconvolge Saulo, che si converte all’istante.
Saulo però è divenuto cieco: Dio infatti gli ha donato una nuova vista.
In questo stato di cecità, che si rivelerà transitorio, viene condotto a Damasco, dove rimane prostrato per parecchi giorni.
Gli farà visita un uomo inviato da Dio, Anania (non si tratta dello stesso Anania morto con Saffira nell’episodio della vendita del campo), un responsabile della comunità cristiana di Damasco.
Questi sarebbe stato una potenziale vittima del fanatismo religioso di Saulo, ma sarà proprio lui a guarirlo e a raccontargli tutto ciò che sa di Gesù.
Saulo è colui che la cristianità conoscerà come l’apostolo Paolo, san Paolo!
Nelle sue lettere, egli racconterà questa sua esperienza di conversione almeno tre volte.
Ben presto si recherà di sinagoga in sinagoga a predicare il Vangelo che ha appena imparato.
Vuole raccontare la propria storia, testimoniare di Gesù e portare gli Ebrei alla conversione.
Naturalmente, viene subito considerato come un traditore della causa ebraica e, infine, dovrà lasciare Damasco sotto la protezione di quegli stessi cristiani che aveva perseguitato.
Un giorno Paolo si trovò a giustificare il proprio apostolato ai cristiani di Corinto:
Sono ministri di Cristo?
Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte.
Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde.
Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità.
Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese.
Chi è debole, che anch’io non lo sia?
Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza.
Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco.
(2 Corinzi 11)
I difficili esordi di Paolo
Paolo si reca quindi a Gerusalemme per incontrare i discepoli e per approfondire la propria conoscenza di Gesù.
Inizialmente, però, i discepoli si mostrano diffidenti nei suoi confronti.
A partire da questa importante fase della sua vita, Paolo non smetterà di spostarsi da un villaggio all’altro per annunciare la buona notizia.
Il primo obiettivo della sua predicazione sono sempre le sinagoghe: vuole spiegare agli Ebrei che Gesù è il Messia, e che con lui si sono adempiute le profezie bibliche.
Nelle sinagoghe, tuttavia, incontrerà sempre maggiore ostilità e gli capiterà addirittura di essere picchiato e lasciato a terra come morto.
Infine, deciderà di non perdere più tempo con le sinagoghe e si dedicherà all’evangelizzazione dei pagani.
In tutte le città in cui deciderà di fermarsi (a volte per diversi anni) fonderà delle chiese, come vedremo nel prossimo capitolo, in cui esamineremo le lettere dell’apostolo.
Tutte le strade portano a Roma!
Nel libro degli Atti, la figura di Pietro passa gradualmente in secondo piano per lasciare il posto a quella di Paolo.
Uno degli ultimi episodi in cui compare Pietro è quello relativo alla conversione del centurione Cornelio.
Paolo, dal canto suo, è un viaggiatore instancabile, nonostante le difficoltà incontrate.
Ovunque si trovi in missione, opera con dei collaboratori che lo accompagnano e lo assistono nelle sue attività di evangelizzazione.
Pianifica i propri viaggi in modo strategico, mirando a fondare chiese nelle città commerciali, nelle zone di scambio, ai crocevia delle civiltà.
Il suo obiettivo è quello di consentire al messaggio del vangelo di irradiarsi e diffondersi in tutte le direzioni.
Ma Paolo è spesso accusato di essere un perturbatore e, per provare la propria innocenza, arriva addirittura a chiedere udienza a Roma.
Sarà così condotto nella capitale dell’impero romano, dove rimarrà a lungo agli arresti domiciliari.
Proprio da Roma, l’apostolo scriverà alcune lettere alle diverse chiese di cui è fondatore.
Non abbiamo indicazioni certe sulla fine della sua vita: dalle sue stesse lettere si intuisce che andrà incontro al martirio dopo aver “combattuto il buon combattimento” della fede…
Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia.
Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro:
“Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani.
Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte.
Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente.
Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena”.
Essi gli risposero: “Noi non abbiamo ricevuto alcuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te.
Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi: di questa setta infatti sappiamo che ovunque essa trova opposizione”.
E, avendo fissato con lui un giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio.
Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti.
Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano.
(Atti 28:11-24)
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Staff La Casa della Bibbia
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