La prima epistola di Paolo ai Corinzi. Corinto era una delle città più malvagie dei tempi antichi e la giovane chiesa...
La Chiesa e il vangelo
Se il personaggio di Gesù gode ancora di qualche simpatia è anche vero che sono in molti a voler prendere le distanze dalla Chiesa. Molti cristiani sostengono di poter vivere la propria vita spirituale senza andare in chiesa né frequentare e prestare servizio in alcuna comunità cristiana. I giovani, invece, dicono che in chiesa si annoiano e preferiscono cercare dialogo, condivisione e svago incontrandosi tra di loro. Si trovano bene nei gruppi giovanili ma si sentono fuori luogo negli incontri di chiesa. Date le premesse è inevitabile porsi delle domande.
La Chiesa è inutile?
È prevista dal piano di Dio per l’umanità?
Dio vuole la Chiesa? Perché?
Individualismo o comunitarismo?
La visione della nostra società
Viviamo in un mondo tendente all’individualismo. Nella nostra società l’individuo è ormai assurto a valore supremo. L’individuo deve affermare salvaguardare la propria indipendenza rispetto a tutti i gruppi e a tutte le forme di comunità. Ciò significa che la dimensione collettiva o comunitaria dell’esistenza umana è progressivamente ridotta al minimo, quando non rifiutata.
Nella sua forma estrema l’individualismo si trasforma in egoismo, ripiegamento su di sé: ciò che conta sono soltanto io, la mia libertà, la mia autonomia, la mia autosufficienza... Sono io che scelgo i miei valori, le mie idee, il mio modo di vivere senza lasciarmi influenzare dal mio gruppo di appartenenza.
Vi è indubbiamente del vero e del buono in questa posizione. In effetti, il contrario dell’individualismo è, in un certo senso, il comunitarismo, in cui i valori, le tradizioni e le idee del gruppo prevalgono su quelli dell’individuo. Quest’ultimo non ha valore se non per il fatto di essere inserito e di esplicare le proprie potenzialità in un certo gruppo, di cui non è altro che un elemento, una parte dell’insieme, della collettività. In questo caso conta soltanto il gruppo ed è il gruppo a imporre le proprie scelte all’individuo. Il quale non può fare altro che conformarsi alle decisioni del gruppo.
È presumibile che occorra trovare una via di mezzo tra l’individualismo estremo e il comunitarismo opprimente.
La Bibbia e l’individuo
La fede cristiana rappresenta un punto di equilibrio, affermando l’importanza sia dell’individuo che della comunità. Infatti, secondo la Bibbia, l’uomo è creato a immagine di Dio (vd. Genesi 1:26-27) ed è chiamato a un rapporto personale con il suo Creatore, un rapporto di alleanza.
Chiaramente ciò implica una responsabilità individuale. Il profeta Ezechiele, per esempio, afferma:
"Perché dite nel paese d’Israele questo proverbio: 'I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati'? Com’è vero che io vivo", dice il Signore, Dio, "non avrete più occasione di dire questo proverbio in Israele [...] chi pecca morirà”.
Ezechiele 18:2-4
Nel giorno del giudizio ciascuno sarà giudicato personalmente secondo le proprie opere (cfr. Apocalisse 20:11-15). Ciò dimostra effettivamente che Dio prende l’individuo sul serio e ne fa un essere responsabile che deve rispondere delle proprie azioni.
Ciascun individuo è prezioso agli occhi di Dio.
Si può concludere che la fede cristiana pone grande enfasi sulla singola persona e ne riconosce l’unicità radicale mentre non tollera che venga fagocitata e schiacciata dal gruppo di appartenenza (famiglia, etnia, patria, tribù, nazione ecc.).
La Bibbia e la comunità
L’importanza che la Bibbia attribuisce all’individuo non deve farci tuttavia dimenticare che l’uomo è stato anche creato come fratello per il prossimo. Come già affermava Aristotele, l’uomo è un “animale sociale”. Ciò significa che l’uomo è un essere relazionale ed è fatto per vivere in società.
Essendo un essere relazionale, l’individuo non si può costruire che in relazione con altre persone all’interno di una comunità. La nostra identità personale è costruita socialmente e, pertanto, le comunità svolgono un ruolo cruciale in tale processo. Ciò significa che, fin da bambini, abbiamo avuto bisogno dei nostri genitori, figure di riferimento che ci hanno educato e ci hanno aiutato a costruirci, e significa anche che per tutta la vita noi ci costruiamo un’identità grazie all’incontro, allo scambio e in relazione con altre persone: siamo sempre qualcuno per qualcun altro. Un essere umano non esiste indipendentemente dagli altri, ma è una persona all’interno di una comunità ed è altresì formato da e per la comunità. Nessun uomo è un’isola. Nessuno può bastare a se stesso.
In sostanza, cosa cambia?
La persona umana è sia un individuo che un essere sociale. Se applichiamo questa verità alla vita cristiana scopriamo che il cristiano è fatto sia per la relazione con Dio che per intrecciare rapporti con altri cristiani. Il rapporto personale con Cristo è fondamentale, ma non bisogna dimenticare che, collegandoci a Cristo, lo Spirito Santo ci mette contemporaneamente in relazione con altri cristiani (vd. 1 Corinzi 12:13) per formare il corpo di Cristo. Ciò significa che la vita cristiana è sia personale che comunitaria (o ecclesiale).
La Chiesa svolge dunque un ruolo fondamentale nella costruzione della nostra identità cristiana. È la Chiesa che ci trasmette la confessione di fede (il singolo individuo non è libero di inventarsi il proprio cristianesimo!) e ci educa alla fede. Solo vivendo concretamente all’interno della Chiesa è possibile apprendere la condotta cristiana: Gesù vuole che si insegni ai futuri discepoli a osservare tutte le cose che ha loro comandato (vd. Matteo 28:20). Così si spiegano il ruolo e l’importanza della Chiesa per il cristiano...
Il progetto di Dio: costituirsi un popolo
La Bibbia rivela che Dio non vuole soltanto salvare degli individui ma che ha un progetto più ampio: vuole creare un popolo che gli appartenga (cfr. Tito 2:14). Dio chiama dunque un uomo, Abraamo (vd. Genesi 12:1), per concludere un patto con lui e, per mezzo di lui, crearsi un popolo (vd. Genesi 12:2). Dopo aver liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto, Dio stipula un patto con gli Israeliti per fare di loro un popolo che gli appartenga in mezzo a tutte le nazioni e a questo popolo chiede di consacrarglisi completamente (vd. Esodo 19:3-6; cfr. Deuteronomio 7:6). Tuttavia, l’intera storia d’Israele dimostra che questo popolo non si è rivelato all’altezza dell’elezione divina.
Dal Nuovo Testamento apprendiamo che Dio prosegue nel suo progetto di creare un’umanità nuova, progetto che si realizza mediante la morte di Gesù e l’effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste.
Certo, Gesù muore per i peccati degli uomini (vd. Romani 5:6; 1 Corinzi 15:3) ma anche “per riunire in uno i figli di Dio dispersi” (Giovanni 11:52). Cristo ha dunque immolato la propria vita per riunire la nuova umanità che Dio vuole creare e che sarà composta da Ebrei e non Ebrei (vd. Efesini 2:14-17). Riassumendo in modo splendido l’intero vangelo in un’unica frase, Paolo ricorda che Gesù “ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (cfr. Tito 2:11-14). Lo stesso concetto è ribadito ai responsabili della Chiesa di Efeso: “Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue.” Atti 20:28
Paolo esorta i mariti ad amare le mogli come Cristo ha amato la chiesa arrivando a dare se stesso per lei (vd. Efesini 5:25). Gesù muore dunque per permettere alla Chiesa di esistere. In questo senso la Chiesa è parte del vangelo. Inoltre, Gesù ha chiaramente promesso: “...edificherò la mia chiesa” (vd. Matteo 16:18). La Chiesa non è dunque una semplice appendice: essa è parte integrante del piano di salvezza di Dio per l’umanità. Diventando cristiani si diventa membra del corpo di Cristo. Nonostante le sue debolezze, la Chiesa non va dunque sottovalutata, trascurata o disprezzata. Né, tanto meno, il cristiano può comportarsi come se ne potesse fare a meno.
FEDE CONSAPEVOLE Pagg. 569-577
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